tecnologia

Le persone in generale hanno paura del cambiamento. C’è tutta una schiera di psicologi che potrebbe spiegare il fenomeno del “campo di intimità”, quei centimetri che ci separano automaticamente da un’altra persona, che permettiamo di infrangere solo a chi conosciamo. Un campo di confort che ci permette di restare in santa pace e che se infranto, ci spinge a muoverci e ciò ci infastidisce.

E allora quando stiamo in santa pace a casa e qualcuno si avvicina al nostro campo, per esempio con internet, tendiamo ad attivare il campanello di allarme. A pretendere di fermare tutto questo. Una tendenza che si attiva soprattutto quando non conosciamo il cambiamento e non sappiamo questo campo di confort quanto sarà modificato.

Così, mentre i più giovani utilizzano la tecnologia con disinvoltura perché imparano ad usarla da subito, i più “anziani” diventano restii perché è più comodo restare immobili, piuttosto che imparare qualcosa di nuovo, anche se questa cosa può portare a dei cambiamenti importanti.

Ci definiscono asociali, ma siamo solo più aperti al cambiamento. Sempre più spesso vediamo persone con la testa china sullo schermo dello smartphone, ma ciò non vuol dire che tutto quello che è attorno sia diventato invisibile. Stiamo semplicemente conversando con qualcuno o qualcosa utilizzando un altro strumento.

Internet è questo: uno strumento. Come lo è stato la stampa, la radio, la telefonia fissa. Ad ogni strumento nuovo, ad ogni onda di cambiamento, c’è sempre qualcuno pronto ad attivare l’allarme. Ma è la padronanza degli strumenti la soluzione, non l’allarmismo.

Ho visto genitori insegnare molto bene l’uso corretto di uno smartphone ai propri figli. Negozianti incitare i propri clienti a condividere l’esperienza in un negozio. Professori spingere gli studenti a cercare le informazioni velocemente nella rete e a farlo in modo efficace.

Ogni strumento porta a un obiettivo. Si può cazzeggiare anche con una penna, ma a nessuno viene in mente di punire le penne. Facebook mi aiuta ad organizzare gli eventi con gli amici, Twitter mi consente di essere informato all’istante in merito un evento, YouTube mi offre la visione di un documento.

Perdo tempo a telefonare ad ogni singolo amico anziché utilizzare Facebook. Perdo tempo a comprare il giornale anziché consultare Twitter e perdo tempo ad attendere il TG delle 20 per vedere un documento.

Perdo tempo quando non uso internet. E’ il modo con cui si utilizza uno strumento a decretare la sua efficacia non lo strumento in se. E’ la natura umana che influenza quell’uso, non lo strumento.

La cattiveria, la codardia, la criminalità agisce anche nel mondo reale. Internet è solo uno strumento e quando impareremo ad occupare il nostro tempo a padroneggiarlo diventerà anche migliore.

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3 Comments

  1. Non sei mai scontato nei tuoi articoli, sono d’accordo. L’importante, come letto sopra, è gestirsi e dare i giusti valori.

  2. Si eccetto per Facebook, ma non si può pretendere che tutti ci arrivino al nostro stesso tempo, ci sono quelli che si stufano dei social network per primi e guarda caso ci sono i giovanissimi. Io non uso neppure G+ e Android per scelta, purtroppo fatta a posteriori. Su Facebook pure i miei parenti mi sembrano cretini, e non è detto che qualcuno non lo sia veramente.

  3. I social network fanno perdere tempo?
    mmmmh, vediamo, quale social network?
    Fessobuc?

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