
I ritardi di Apple DMA in Europa rappresentano una strategia di ricatto ben orchestrata. Il Digital Markets Act (DMA) ha acceso un faro sulle pratiche dei colossi tecnologici, e la reazione di Apple non si è fatta attendere. Con un comunicato stampa dal sapore agrodolce, l’azienda ha annunciato che diverse attese funzionalità, come la traduzione in tempo reale con gli AirPods, la duplicazione dello schermo dell’iPhone su Mac e la creazione di itinerari personalizzati in Mappe, subiranno significativi ritardi nel loro rilascio in Europa. La colpa? Proprio del DMA.
Secondo Apple, le nuove normative europee, pensate per favorire un mercato digitale più equo e competitivo, la costringerebbero a un lavoro aggiuntivo per garantire l’interoperabilità con i servizi dei competitor.
Un processo che, a dire dell’azienda, introduce nuove minacce alla sicurezza dei dati degli utenti e richiede tempo. Eppure, a un’analisi più attenta, questa narrazione scricchiola, lasciando intravedere una strategia che somiglia più a un ricatto che a una reale preoccupazione per la privacy.
L’impressione è che l’azienda stia usando la scure del ritardo come arma di pressione, quasi a voler punire gli utenti europei per le “colpe” dei loro legislatori. Una mossa che trasforma l’attesa per nuove funzioni in un messaggio politico: la regolamentazione ha un prezzo, e a pagarlo sono i consumatori. Ma questa logica regge davvero alla prova dei fatti? O nasconde verità meno nobili?
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Apple DMA: La Sicurezza come Scudo Flessibile
Uno degli argomenti più forti sollevati da Apple riguarda la sicurezza dei dati. L’azienda sostiene che l’apertura a sistemi di pagamento di terze parti nell’App Store, imposta dal DMA, creerebbe un “paesaggio di minacce” del tutto nuovo e pericoloso. Permettere agli utenti di utilizzare metodi di pagamento esterni al circuito Apple equivarrebbe, secondo questa visione, a esporli a frodi e malware.
“Il DMA ci impone di abilitare opzioni di pagamento alternative che non elaboriamo noi. Questo limita la nostra capacità di proteggere gli utenti da frodi e truffe, che sono tra i rischi più grandi per la loro sicurezza e privacy.”
Questa affermazione, per quanto altisonante, manca di prove concrete. Sistemi di pagamento come Stripe o Adyen sono utilizzati quotidianamente per miliardi di transazioni online in tutto il mondo e sono sottoposti a rigorosi standard di sicurezza, spesso equivalenti se non superiori a quelli di molte piattaforme proprietarie. L’idea che solo il sistema di Apple sia intrinsecamente sicuro suona più come una forzatura di marketing che come un dato di fatto.
Il vero timore, neanche troppo velato, sembra essere la perdita della commissione del 15-30% che l’azienda trattiene su ogni transazione effettuata tramite il suo sistema di pagamento in-app.
Per anni, questa è stata una delle principali fonti di guadagno dei suoi servizi, e il DMA minaccia di smantellare questo redditizio monopolio. Presentare la questione come un problema di sicurezza sposta l’attenzione dal profitto alla protezione dell’utente, una tattica comunicativa tanto abile quanto discutibile. La politica Apple DMA sembra quindi più orientata a preservare i ricavi che a tutelare realmente gli utenti.

Il Mito del Ritardo Tecnologico
L’altra grande giustificazione di Apple per il ritardo delle nuove funzionalità è la complessità tecnica legata all’interoperabilità. L’azienda sostiene che rendere le sue tecnologie accessibili ai competitor, come richiesto dal DMA, richieda un lavoro di ingegnerizzazione supplementare per evitare di compromettere l’integrità del prodotto.
Anche in questo caso, la memoria storica ci viene in aiuto. Il fenomeno delle funzionalità Apple in ritardo in Europa non è certo una novità introdotta dal DMA. Anzi, è una costante che gli utenti europei conoscono fin troppo bene.
Esempi come Apple Pay, lanciato negli USA nel 2014 e arrivato in Italia solo nel 2017, o Apple News+, ancora oggi non disponibile in molti paesi europei, dimostrano come i ritardi facessero già parte della strategia di Apple ben prima che il DMA entrasse in vigore.
Questi precedenti suggeriscono che le cause dei ritardi siano spesso legate a questioni logistiche, accordi commerciali, normative locali sulla privacy e, non da ultimo, a precise scelte strategiche di mercato.
Usare oggi il DMA come capro espiatorio per giustificare una pratica consolidata appare, nella migliore delle ipotesi, come una semplificazione. Nella peggiore, come un tentativo di strumentalizzare la legge per mascherare le proprie logiche interne.
Per un’analisi più approfondita sulla strategia comunicativa di Apple, si può leggere l’articolo “Apple e l’Arte di Sconfessarsi“, che svela come l’azienda utilizzi clausole e note a piè di pagina per limitare le sue stesse promesse.
Un Ecosistema Dorato ma Chiuso
Il cuore della filosofia Apple è sempre stato il suo ecosistema chiuso. Un giardino recintato dove hardware, software e servizi lavorano in perfetta simbiosi, garantendo un’esperienza utente fluida e sicura. Questo modello ha decretato il successo dell’azienda, ma ha anche creato un monopolio di fatto, dove l’utente ha poche, se non nessuna, alternative.
Il DMA è nato proprio per scardinare questi monopoli e introdurre una maggiore concorrenza. L’obbligo per Apple di aprire le porte del suo giardino, consentendo l’interoperabilità con altre piattaforme, non è un attacco alla sua esistenza, ma un tentativo di riequilibrare il mercato.
La reazione di Apple, tuttavia, tradisce una profonda ostilità verso questo cambiamento. Invece di cogliere l’opportunità per innovare e competere in un nuovo scenario, sembra preferire una strategia ostruzionistica.
La scelta di ritardare funzionalità attese come la traduzione live degli AirPods non è casuale. Si tratta di feature ad alto impatto mediatico, capaci di generare malcontento tra gli utenti e di dipingere il DMA come un nemico dell’innovazione. È una narrazione potente, che fa leva sulla frustrazione del consumatore per delegittimare la legge.
Eppure, la tecnologia non è mai neutrale. Come evidenziato da Shoshana Zuboff nel suo saggio “Il Capitalismo della Sorveglianza“, le scelte tecnologiche delle grandi aziende sono sempre intrinsecamente politiche ed economiche.
L’ecosistema Apple è un capolavoro di ingegneria, ma la sua chiusura ha un costo. Un costo che il legislatore europeo ha deciso di non voler più pagare. La speranza è che Apple, superata questa fase di scontro frontale, possa trovare un nuovo equilibrio, dove la sua indiscussa capacità di innovare possa convivere con un mercato più aperto e competitivo.
Update 28 settembre 2025
Certo Ciro, amico mio. Hai visto che casino? La risposta da Bruxelles non si è fatta attendere e, come immaginavo, non sono stati teneri. Mi verso un altro goccio, questo scontro si fa interessante. Hanno praticamente detto ad Apple di smetterla di piagnucolare.
Ho preparato un paragrafo di aggiornamento, bello carico di veleno come piace a noi. Lo puoi infilare di prepotenza nell’articolo, magari dopo la sezione sul “Mito del Ritardo Tecnologico”, per far vedere come il castello di carte di Apple stia venendo giù pezzo dopo pezzo.
Ecco qua:
H3: La Risposta Piccata di Bruxelles
La replica della Commissione Europea non ha tardato ad arrivare, e non ha usato mezzi termini. Attraverso le parole del portavoce Thomas Regnier, Bruxelles ha liquidato il documento di Apple come “lobbying”, sottolineando di non essere “sorpresa” dall’atteggiamento di un’azienda che “ha contestato ogni singolo aspetto del DMA sin dalla sua entrata in vigore”.
Un messaggio chiaro, che suona più o meno così: “Abbiamo capito il vostro gioco”. Regnier ha rincarato la dose, ricordando le multe già inflitte a Cupertino e mettendo in dubbio la reale volontà di collaborazione. Sebbene la Commissione si dichiari disposta ad “ascoltare feedback”, la porta sembra rimanere aperta solo per un filo. La posizione di Bruxelles è netta: il DMA non si tocca, e le lamentele di Apple sono viste per quello che sono, un tentativo di proteggere un modello di business che l’Europa ha deciso di smantellare.
FAQ – Domande Frequenti
Il DMA compromette davvero la sicurezza del mio iPhone?
Non ci sono prove concrete che l’apertura a sistemi di terze parti, se ben regolamentata, comporti rischi maggiori. Piattaforme di pagamento esterne seguono già standard di sicurezza elevatissimi. La retorica sulla sicurezza sembra più una strategia per proteggere le commissioni dell’App Store.
Perché Apple non può semplicemente rilasciare le funzioni e poi adeguarle al DMA?
Ufficialmente, per evitare di dover riprogettare le funzionalità in un secondo momento, con costi e rischi maggiori. Ufficiosamente, ritardare il rilascio è una potente leva negoziale e un modo per dimostrare agli utenti che la regolamentazione europea ha delle “conseguenze negative”.
Questo ritardo riguarda solo Apple?
No, anche altre aziende designate come “gatekeeper” dal DMA (come Google e Meta) stanno adeguando i loro servizi. Apple, però, è quella che sta adottando la linea comunicativa più dura, puntando sul malcontento degli utenti.
Cosa posso fare come utente europeo?
Informarsi criticamente è il primo passo. Comprendere che la narrazione delle aziende ha sempre interessi economici sottostanti e supportare il dibattito su un mercato digitale più equo aiuta a creare consapevolezza e a spingere per soluzioni che bilancino innovazione e concorrenza.
Le funzionalità arriveranno mai in Europa?
Sì, ma con tempistiche che Apple userà strategicamente. L’azienda non può permettersi di lasciare il mercato europeo, uno dei più ricchi al mondo, privo delle sue migliori funzionalità a lungo termine. Il ritardo è un’arma temporanea.
