Ormai sapete tutti che su ogni dispositivo munito di memoria si paga una tassa chiamata copia privata, o equo compenso. Visto che ogni file multimediale, sul quale cade il diritto d’autore, andrebbe ascoltato su un solo dispositivo e da una sola persona, la SIAE prende una tassa che va a pagare, a forfait, le possibili copie fatte su altri dispositivi.
Ovviamente questo non legalizza la pirateria e non offre nessun beneficio. Non certifica neanche l’uso di materiale coperto da diritti d’autore. Potrei benissimo usare il supporto per materiale prodotto da me e pagare comunque la copia privata.
I giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, però, hanno stabilito che la copia privata non va pagata da chi non è un consumatore privato. In pratica i professionisti, le aziende e gli enti pubblici non devono pagarla. Questo significa che, teoricamente, si potrebbe chiedere il rimborso per tutte le tasse pagate in passato per l’acquisto di dispositivi con partita iva.
Nel 2015 la copia privata ha portato quasi 130 milioni di euro nelle casse della SIAE, contro i 78 milioni del 2014 e i 67 milioni nel 2013. Al momento, però, resta oscura la modalità di richiedere la copia privata pagata negli anni e sono quasi sicuro che la SIAE, nonostante vi sia un verdetto, non agevolerà per nulla l’operazione.
Questo articolo arriva grazie alla donazione di Giovanni Tonini.

