Tim Cook Time

Continua il dibattito per il caso dell’FBI nel tentativo di far installare una backdoor in iOS. In un a recente intervista al Time, che ha dedicato la copertina a Tim Cook, il CEO di Apple racconta nei dettagli la questione dal suo punto di vista.

Il caso di San Bernardino è accaduto il giovedì, mentre Apple è stata contattata dall’FBI il sabato. Subito la società ha messo a disposizione il centro preposto per i rapporti con le autorità, fornendo assistenza 24 ore al giorno.

Cook dichiara che i telefoni dello stragista erano più di uno, ma solo uno non è rimasto distrutto, l’iPhone 5c. Buona parte delle informazioni, come i messaggi, erano state già recuperate presso l’operatore telefonico. Apple ha subito offerto tutto il supporto possibile, compreso il backup più recente effettuato su iCloud. 75 giorni dopo l’attentato, Apple scoprì del coinvolgimento legale in tribunale dai giornali. L’FBI non le aveva comunicato nulla.

Ci chiesero di creare quello che noi chiamiamo OS governativo: un nuovo sistema operativo senza sistemi di sicurezza. Ne discutemmo molto all’interno di Apple, dopo la loro richiesta. La cosa riguardava molte persone, non ero solo io seduto in una stanza a prendere una decisione. Fu una decisione collettiva. Tra tutte le cose di cui dovevamo occuparci era l’unica cosa di cui non avremmo voluto mai occuparci. Così decidemmo che non era una buona cosa per le persone.

Cook esprime tutto il suo dispiacere, nell’articolo, per la condotta dell’FBI. La decisione di fare causa ad Apple senza nessuna comunicazione. Ben 75 giorni dopo l’attentato e dopo aver ricevuto tutto l’aiuto possibile dalla società.

Intanto, secondo alcune fonti del New York Times, Cook avrebbe già un asso nella manica nel caso arrivasse la decisione di obbligare Apple nel costruire una backdoor: le dimissioni di massa. Decine di ingegneri avrebbero già comunicato di essere pronti a dimettersi nel caso in cui fossero costretti a creare la backdoor, sottraendo alla società la capacità tecnica di costruirne una.

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