Uber mappe

Uber è sempre di più nel centro dell’occhio del ciclone. La società, che non assume gli autisti e non compra le auto, si basa esclusivamente su un’applicazione che consente agli autisti, che sono di fatto imprenditori di se stessi, di svolgere l’attività ricevendo un margine sulla corsa.

Se da un lato questa idea di sharing economy è innovativa, dall’altro accumula cause legali da parte dei tassisti, dagli autisti che vedono i loro margini ridursi sempre di più e dagli enti che vedono un’applicazione fumosa dei regolamenti.

A questo si aggiungono le grane sulla privacy. Come evidenzia il New York Times in un recente articolo, Uber ha rischiato di vedere la cancellazione dell’app nell’App Store. Nel 2015, infatti, Tim Cook invitò Travis Kalanick – CEO di Uber – per una cena. Fu l’occasione per invitarlo a modificare una strategia che avrebbe arrecato danni agli utenti.

L’app, infatti, utilizzava l’autenticazione per creare una scheda per ciascun utente. Un meccanismo che andava contro i regolamenti sulla privacy. Per la società, però, il sistema non serviva a tracciare l’utente, ma semplicemente ad evitare le frodi osservando l’andamento delle tariffe applicate dagli autisti e i pagamenti delle corse.

La società, in pratica, usava gli iPhone per verificare che gli autisti rispettassero le tariffe imposte dall’azienda. Pratica che a quanto pare è stata accantonata.

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