
L’ACCC (Australian Competition and Consumer Commission) vuole far capire ad Apple che la sua mano può essere ferro e può essere piuma. Con il rapporto con le banche australiane che vogliono boicottare Apple Pay è stata piuma, ma per altre questioni diventa ferro.
E per altre questioni facciamo riferimento all’errore 53. Se ricordate l’accaduto, nel febbraio del 2016 alcuni iPhone risultarono inaccessibili dopo un aggiornamento del sistema operativo. Le unità toccate erano state quelle dove l’utente aveva cambiato schermo e Touch ID.
Siccome il chip del Touch ID è collegato ad un chip interno al telefono, per questioni di sicurezza, quando i due cambiano la comunicazione si interrompe. Apple successivamente fornì un ulteriore aggiornamento per risolvere la questione.
A distanza di un anno, il garante australiano ha deciso di aprire un provvedimento nei confronti di Apple, perché rendendo non operativi i dispositivi ha infranto le clausole della garanzia sui prodotti.
In pratica attuare delle strategie, che siano fondate o meno sul buonsenso, danneggiando i tecnici di altri negozi che offrono soluzioni più economiche, è una politica che rende il mercato concorrenziale non equilibrato.
I clienti devono essere liberi di rifornirsi presso terzi e pagare di meno, senza temere una decadenza della garanzia originaria. La stessa questione è alla base di una class action negli USA che non si è ancora conclusa. Inoltre la stessa questione è al vaglio in Nuova Zelanda.