Quando Steve Jobs era molto piccolo fu abbandonato dai suoi genitori. Cosa ne avrebbe pensato la famiglia di due immigrati siriani di un bambino nato fuori dal matrimonio? Così i suoi genitori dovettero abbandonarlo per salvaguardare le loro vite. Il piccolo Steve non aveva nessuna colpa in questo e non ebbe voce in capitolo in una scelta fondamentale per la sua vita.
Poco tempo dopo una famiglia benestante accettò di adottarlo, ma dopo un mese fu rimandato indietro. La moglie del facoltoso avvocato ci ripensò. Anche in questo caso il povero Steve non ebbe voce in capitolo. Dopo poco tempo una famiglia meno abbiente, la famiglia Jobs, decise di adottarlo. La famiglia Jobs non aveva le caratteristiche adatte per l'adozione. Per la madre naturale di Jobs era fondamentale che al piccolo Steve fosse assicurata una vita migliore della sua. Ma la famiglia Jobs attivò le vie legali e dopo aver promesso che si sarebbero occupati dell'istruzione del piccolo Steve, vinsero. Durante le fasi legali, però, la signora Jobs si rifiutò di amare il bambino per non affezionarsi. Se il giudizio fosse stato a lei sfavorevole, ne avrebbe sofferto troppo.
Anche in questo caso il piccolo Jobs non ebbe voce in capitolo. L'infanzia di un bambino è una fase cruciale per la sua crescita. È per questa mancanza di potere nella sua parte iniziale di vita che Jobs sviluppò la sua mania di controllo? È per questo motivo che divenne così attento ai particolari? È questo che fece di lui una persona così anaffettiva con sua figlia Lisa? Forse Steve non voleva rivedere la sua infanzia e semplicemente non voleva diventare padre.
Osservare la natura di un genio, come lo è stato Jobs è molto interessante. È questo lo scopo del film su Steve Jobs scritto da Aaron Sorkin e diretto da Danny Boyle per Universal. Il film è costruito su tre momenti di tre anni diversi:
- 1984: il lancio del Macintosh.
- 1988: il lancio del Cube di NeXT.
- 1998: il lancio del primo iMac.
Tre momenti raccontati da dietro le quinte degli eventi per il lancio dei prodotti. Il film non mostra mai le presentazioni, ma il dietro le quinte. Una sorta di tributo al film Birdman, dove la storia viene collegata dal filo invisibile dello storytelling, come una grande analisi della natura di Jobs. Non si raccontano i prodotti, non c’è una ricostruzione storica di Apple e non è un documentario, ma un viaggio nella mente di Jobs che aiuta a conoscerlo un po’ di più.
Il film è realizzato molto bene. Sorkin è riuscito nella sua magia di arrivare alla storia senza passare per la banalità. Buona la fotografia, ottimi gli interpreti. Stona solo la poca somiglianza di Fassbender con il vero Jobs. Un'aspettativa maturata con i film precedenti su Steve Jobs, di cui faremmo meglio a slegarci.
Una storia che racconta solo una parte del carattere di Steve Jobs, quello più duro. Probabilmente è per questo motivo che alla dirigenza di Apple, che lo conoscevano meglio, non è piaciuto. Allo spettatore viene data l’impressione che Jobs fosse in realtà solo uno stronzo narcisista, cosa che non rispetta la realtà dei fatti.
Ma non è un film biografia nel senso stretto. Il film racconta una storia ed è solo un lato del complicato prisma che formava la figura di Jobs.
Il film dura poco più di due ore, ma non mi ha mai annoiato. Io ne consiglio la visione, soprattutto per chi ha letto ed è interessato alla figura di Steve Jobs in quanto uomo.

