Artifact
Artifact

TikTok sta cambiando il modo con cui fruiamo i social network. Da informazioni generate mediante i collegamenti tra persone ad algoritmo in grado di valutare quanto piacciono dei contenuti. Così per ogni secondo di visione, ogni scroll, ogni ricerca, commento o interazione lasciata, TikTok affina i risultati successivi per fornire all’utente esattamente ciò che potrebbe piacergli.

Questo è il motivo per cui è possibile passare delle ore a scrollare video di pochi secondi. C’è un algoritmo che ci invia i contenuti che potrebbero piacerci. Più guardiamo ciò che ci piace e più l’algoritmo ha conferme. Il risultato è una valanga di contenuti che potrebbero piacerci, incollandoci allo schermo.

Ecco, ora cosa c’entra Artifact?

Che cos’è Artifact?

Quest’app ha padri famosi. Si tratta di Kevin Systrom e Mike Krieger. Sono i co-fondatori di Instagram. Il noto social network, comprato da Facebook nel 2012 per 1 miliardo di dollari, è stato gestito dai due co-fondatori fino al 2018.

Poi Kevin e Krieger, presa la loro enorme valigia di soldi, hanno deciso di dedicarsi ad altro e questo altro è Artifact.

Si tratta di una sorta di social network delle notizie e dei testi in generale. Se buona parte dei social network si stanno sempre di più basando sui video, perché richiedono meno sforzo mentale, in Artifact prevale ancora il vecchio e interessante testo.

Alla base del sistema c’è l’ormai onnipresente intelligenza artificiale. L’app usa un algoritmo che come TikTok suggerisce testi da leggere in base all’interesse mostrato dall’utente. Così lettura dopo lettura, si ricevono consigli sempre più azzeccati su cose interessanti da leggere.

L’intelligenza artificiale alla base di Artifact

Artifact si basa sul motore di machine learning chiamato Transformer. È uno dei componenti usati anche da chatGTP. Infatti la T di GTP sta proprio per Transformer.

Il sistema di intelligenza artificiale non sarà utilizzato solo per analizzare i testi come farebbe un umano e fornire risultati interessanti, ma anche per controllare le notizie.

Infatti, visto che c’è un’analisi del testo, Artifact andrà anche alla ricerca di fake news e dati falsi. In questo modo potrà bloccare i contenuti falsi, illegali e quelli che incitano l’odio.

Gli utenti potranno così utilizzare un sistema affidabile, sicuro, interessante per chi ama leggere e privo di fake news.

Il modello di business di Artifact

Il modello di business di Artifact è basato sulle pubblicità. Cosa che a qualcuno potrebbe far storcere il naso. Infatti gli autori riceveranno parte dei compensi per i contenuti pubblicati.

Questo però potrebbe spingere molti a scrivere solo per i settori più remunerativi, tentando acchiappa clic solo per guadagnare più soldi. Al momento non sono state date informazioni su possibili soluzioni a questo problema.

Così come non sappiamo se Artifact bloccherà o meno i contenuti scritti con strumenti come chatGTP.

Dove trovare Artifact

Al momento l’app è stata solo annunciata. Non è possibile scaricarla, neanche negli Stati Uniti. Nel sito ufficiale si può entrare in una lista di attesa lasciando il proprio numero di telefono.

Quando l’app sarà disponibile, si riceverà un link per scaricarla con un SMS.

Al momento non sappiamo se Artifact avrà solo una versione americana oppure, che ha fatto Instagram, sarà disponibile un po’ ovunque.

In conclusione

Artifact sembra essere un’opportunità interessante, sia per i lettori che per gli autori. Permette una visione più veloce ed efficiente dei contenuti, grazie all’intelligenza artificiale che seleziona le informazioni più rilevanti, e offre un’opportunità di guadagno interessante.

Tuttavia, c’è ancora molto da scoprire prima che l’app sia disponibile. Speriamo che gli sviluppatori trovino un modo per bilanciare la sfera commerciale con quella della libera espressione, che il filtraggio dei contenuti rimanga accurato ed obiettivo e che l’interazione utente-app sia sempre liscia e piacevole.

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1 Commento

  1. Continuano a chiamarla “Intelligenza Artificiale”, ma di intelligente non ha nulla.
    Reti neurali “addestrate” con una forte componente probabilistica, di cui non è nemmeno possibile comprendere – in modo deterministico – “come” si è arrivati alla mappa dei pesi delle connessioni.
    Spazzatura che genera altra spazzatura autoreferenziante.

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