
Quando sentiamo parlare di avatar digitale ci vengono in mente dei personaggi in stile cartoon con l’obiettivo di intrattenere. Qualcosa di fumettoso e inutile. Invece nel mondo della medicina c’è chi ha utilizzato questa tecnologia per dare il potere della parola a chi l’aveva persa.
Una donna paralizzata ha ritrovato la parola grazie ad un avatar digitale collegato al suo cervello. Un’avanzata tecnologia ha permesso di tradurre i suoi segnali cerebrali in parole ed espressioni facciali, restituendo la sua capacità di comunicazione.
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La Storia di una Donna Paralizzata
A 30 anni, la vita di Ann, un’ex insegnante di matematica, è stata stravolta da un ictus che l’ha resa completamente paralizzata. In seguito all’ictus, Ann ha perso il controllo di tutti i muscoli del corpo, compresi quelli necessari per parlare e respirare.
Ha trascorso cinque anni in uno stato di paura costante, temendo di non svegliarsi ogni mattina. Nonostante svariati anni di fisioterapia, i muscoli che avrebbero permesso ad Ann di parlare sono rimasti immobili.
Il Cambiamento: Un Avatar Digitale
Oggi, grazie a degli innovativi ricercatori dell’Università della California a San Francisco e Berkeley, Ann ha ritrovato la sua voce. Gli sforzi congiunti dei ricercatori hanno portato alla creazione di una nuova tecnologia, un’interfaccia cervello-computer, che un giorno potrebbe consentire a persone come Ann di comunicare in modo più naturale attraverso un avatar.
Questa è la prima volta che il linguaggio e le espressioni facciali vengono sintetizzati a partire dai segnali cerebrali. In pratica il tutto funziona con la forza del pensiero, che attivano delle aree nel cervello tradotte da un software.
L’interfaccia cervello-computer utilizzata nella ricerca è in grado di tradurre i segnali dell’attività cerebrale in parole ed espressioni. Questo dispositivo, chiamato BCI (Brain Computer Interface), è un sistema che crea un collegamento tra macchine e cervello umano. In pratica, il BCI riesce a tradurre l’attività cerebrale in informazioni comprensibili da un computer.
Per facilitare la comunicazione tra il cervello di Ann e il computer, i ricercatori hanno applicato al suo cervello una sottilissima pellicola rettangolare contenente 253 elettrodi. Questo dispositivo, situato sopra un’area cruciale per la comunicazione, rileva i segnali cerebrali che a causa dell’ictus non riescono più a essere inviati all’apparato fonatorio, ovvero lingua, bocca, laringe, e ai muscoli facciali.
L’Intelligenza Artificiale e la Decodifica dei Fonemi
I segnali raccolti dagli elettrodi vengono poi inviati a un sistema di intelligenza artificiale. Questo sistema è stato addestrato per settimane a riconoscere le onde cerebrali di Ann che corrispondono ai diversi suoni, o fonemi, che compongono le parole.
In questo modo, l’intelligenza artificiale riesce a decodificare i segnali cerebrali e a tradurli in parole.
Per rendere la comunicazione il più naturale possibile, i ricercatori hanno creato un avatar virtuale con la stessa voce di Ann, utilizzando delle registrazioni fatte al suo matrimonio. Hanno poi animato l’avatar in base ai segnali cerebrali di Ann, riproducendo il movimento dei muscoli facciali.
Grazie a questa tecnologia, l’avatar di Ann è in grado non solo di parlare con la sua voce, ma anche di esprimere le sue emozioni attraverso le espressioni del viso.
Prima dell’applicazione di questa tecnologia, Ann era in grado di comunicare soltanto a una velocità di 14 parole al minuto attraverso il suo dispositivo di comunicazione precedente. Ora, grazie all’interfaccia cervello-computer, Ann può comunicare a una velocità di quasi 80 parole al minuto. La personalizzazione della voce dell’avatar virtuale rende la comunicazione ancora più fluida e naturale.
Le Sfide Future
Sebbene i risultati ottenuti finora siano molto promettenti, ci sono ancora alcune sfide da affrontare. Una delle principali è la creazione di una versione wireless dell’interfaccia cervello-computer, che non richieda che Ann sia fisicamente connessa al dispositivo.
Questo permetterebbe a persone come Ann di controllare liberamente i propri computer e telefoni con questa tecnologia, aumentando la loro indipendenza e migliorando le loro interazioni sociali.
L’applicazione delle interfacce cervello-computer solleva anche importanti questioni etiche, in particolare riguardo ai neurodiritti. Si tratta di un sottoinsieme dei diritti umani che riguarda la protezione del cervello e della mente umana.
Gli studiosi di etica e i giuristi stanno attualmente valutando se i diritti neurologici possano essere riconosciuti all’interno dei diritti umani consolidati o se siano necessarie nuove leggi.
In conclusione
La storia di Ann è una testimonianza straordinaria di come la tecnologia possa andare ben oltre le nostre aspettative, trasformando la vita delle persone in modi impensabili. L’uso di avatar digitali e interfacce cervello-computer (BCI) non è più relegato al mondo del gaming o dell’intrattenimento. Ora, è una realtà tangibile che può dare voce a chi l’ha persa, rendendo la comunicazione non solo possibile ma anche più fluida e naturale.
Tuttavia, mentre celebriamo questi progressi, è fondamentale non dimenticare le sfide che ci attendono. La questione della connettività wireless e l’indipendenza totale dall’apparato fisico sono solo la punta dell’iceberg. Ci sono questioni etiche e legali, come i neurodiritti, che devono essere affrontate con la stessa urgenza e serietà con cui abbiamo accolto queste innovazioni tecnologiche.
In un mondo in cui la tecnologia avanza a passi da gigante, è nostro dovere assicurarci che queste innovazioni siano accessibili e sicure per tutti. La storia di Ann ci mostra che la strada è lunga, ma la meta è entusiasmante e piena di possibilità. E, chissà, forse un giorno potremo tutti comunicare attraverso la semplice forza del pensiero, grazie alla magia della tecnologia.