
La vicenda che vede contrapposte Apple e Epic Games, con il suo popolare titolo Fortnite, è ben più di una semplice disputa commerciale. È diventata un vero e proprio campo di battaglia dove si scontrano visioni opposte sul controllo delle piattaforme digitali, sulle commissioni dell’App Store e, in ultima analisi, sull’equità del mercato.
Apple, un tempo faro di innovazione e attenzione all’utente, si trova ora al centro di un ciclone mediatico e legale che ne sta progressivamente erodendo l’immagine.
Il gigante di Cupertino appare sempre più come un’entità arroccata nella difesa dei propri profitti miliardari, apparentemente sorda alle richieste degli sviluppatori e alle esigenze di una parte consistente della sua utenza, desiderosa di riavere accesso a giochi come Fortnite sulla propria piattaforma preferita.
Questa situazione solleva interrogativi profondi: fino a che punto un’azienda può spingere le proprie politiche commerciali prima di alienarsi la fiducia del pubblico e degli sviluppatori che hanno contribuito al suo successo? E cosa ci dice il comportamento di Apple riguardo al futuro dell’ecosistema digitale e alla libertà di scelta degli utenti? La percezione è che la Mela stia privilegiando il tintinnio delle monete rispetto alla voce dei suoi clienti, una strategia che, a lungo termine, potrebbe rivelarsi controproducente.
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Il pomo della discordia: la rimozione di Fortnite e le commissioni dell’Apple App Store
Tutto ha inizio nell’agosto 2020, quando Epic Games decide di sfidare apertamente le politiche dell’App Store introducendo un sistema di pagamento dall’app al suo sito web. Questa mossa permetteva agli utenti di acquistare la valuta virtuale del gioco, i V-Bucks, a un prezzo scontato, aggirando la commissione standard del 30% imposta da Apple su tutte le transazioni in-app.
La reazione di Cupertino non si è fatta attendere: Fortnite è stato prontamente rimosso dall’App Store, scatenando una battaglia legale senza precedenti.
Epic Games ha accusato Apple di pratiche monopolistiche, sostenendo che l’obbligo di utilizzare esclusivamente il sistema di pagamento di Apple e le relative commissioni dell’App Store costituissero un abuso di posizione dominante.
La disputa legale ha messo a nudo le tensioni esistenti tra i grandi gestori di piattaforme e gli sviluppatori di app, che da tempo lamentano percentuali considerate eccessive e limitazioni alla libertà commerciale.
La sentenza iniziale e le mosse di Apple
Nel 2021, una prima sentenza chiave della giudice Yvonne Gonzalez Rogers ha stabilito che Apple non operava un monopolio illegale secondo le leggi federali antitrust, ma ha riconosciuto come anticoncorrenziale la sua politica anti-steering, ovvero il divieto per gli sviluppatori di informare gli utenti sulla possibilità di effettuare acquisti a prezzi inferiori al di fuori dell’app. Apple è stata quindi obbligata a consentire agli sviluppatori di inserire link a sistemi di pagamento esterni.
La risposta di Apple è stata quella di implementare un sistema che permetteva tali link, ma introducendo una nuova commissione del 27% sugli acquisti effettuati entro sette giorni dal click sul link esterno. Una mossa interpretata da molti, Epic Games in primis, come un tentativo di eludere lo spirito della sentenza e di continuare a garantirsi una cospicua fetta dei ricavi, semplicemente cambiando le carte in tavola senza modificare la sostanza del problema.

Le accuse di “insubordinazione” e falsa testimonianza che minano la credibilità di Apple
La gestione della vicenda da parte di Cupertino ha raggiunto un nuovo picco di criticità con le recenti accuse emerse in tribunale. La giudice Yvonne Gonzalez Rogers è tornata a pronunciarsi duramente, accusando Apple di aver deliberatamente violato l’ingiunzione del 2021. Secondo la giudice, Apple avrebbe “scelto intenzionalmente di non conformarsi all’ingiunzione di questa Corte” con l’obiettivo di creare “nuove barriere anti-competitive”.
Questa posizione è stata definita dalla Corte come vera e propria “insubordinazione“. Documenti interni suggerirebbero che l’azienda fosse consapevole della propria non conformità e abbia deliberatamente optato per soluzioni che ostacolavano la concorrenza.
La situazione si è ulteriormente aggravata con l’accusa diretta di falsa testimonianza nei confronti di Alex Roman, vice presidente delle finanze di Apple. Secondo la giudice, Roman avrebbe fornito dichiarazioni non veritiere sotto giuramento riguardo alle tempistiche decisionali sulla controversa commissione del 27%.
Questo episodio ha portato la giudice a deferire il caso a un procuratore per valutare possibili procedimenti penali per oltraggio alla corte.
Epic Games non molla e chiede il reintegro di Fortnite
Nonostante le sentenze e le critiche, Apple continua a negare il ritorno di Fortnite Apple sull’App Store alle condizioni richieste da Epic Games. Forte delle recenti decisioni giudiziarie, Epic ha formalmente chiesto alla corte di obbligare Apple a reintegrare Fortnite, come dettagliato da 9to5Mac. La software house sostiene che Apple stia continuando a non rispettare pienamente l’ingiunzione che le impone di permettere sistemi di pagamento alternativi senza penalizzazioni eccessive.
La percezione pubblica è che Apple stia tirando troppo la corda, apparendo più interessata a proteggere i suoi margini di profitto che a offrire un ambiente equo per gli sviluppatori o a venire incontro alle richieste dei suoi utenti.
Questa ostinazione rischia di danneggiare seriamente la reputazione dell’azienda, facendola apparire arrogante e distante dalle dinamiche di un mercato che chiede maggiore apertura.

L’impatto sull’immagine di Apple: da faro a “Scrooge”?
Il modo in cui Apple sta gestendo la disputa con Epic Games sta avendo ripercussioni significative sulla sua immagine. Un tempo percepita come un’azienda all’avanguardia, attenta al design, all’esperienza utente e, in una certa misura, a un’etica del lavoro, oggi Apple appare a molti osservatori come un colosso interessato principalmente a massimizzare i profitti.
Questa percezione è acuita dal confronto con le normative emergenti, come il Digital Markets Act (DMA) nell’Unione Europea, che mirano a limitare il potere delle grandi piattaforme tecnologiche e a promuovere una maggiore concorrenza.
La resistenza di Apple a queste dinamiche, come il temporaneo blocco dell’account sviluppatore di Epic Games in Europa (poi ritirato dopo l’intervento della Commissione Europea), la fa apparire goffa e prepotente.
La difesa strenua di un fatturato di decine di miliardi generato dall’App Store è comprensibile dal punto di vista finanziario, ma la strategia comunicativa e le azioni legali intraprese stanno facendo apparire Apple, come sottolineato da alcuni commentatori, simile all’avaro Scrooge, aggrappato alle sue monete a discapito di tutto il resto.
Il futuro dell’App Store e le possibili obiezioni
Molti potrebbero obiettare che Apple, in quanto proprietaria dell’App Store, abbia il diritto di stabilire le proprie regole e commissioni. Sebbene questo sia vero in linea di principio, la questione si complica quando una piattaforma raggiunge una posizione dominante tale da influenzare significativamente l’intero mercato. Le leggi antitrust e normative come il DMA esistono proprio per prevenire abusi di potere e garantire una concorrenza leale.
Le azioni di Apple potrebbero portare a:
- Maggiori interventi regolatori: La resistenza di Apple potrebbe spingere i legislatori a imporre regole ancora più stringenti.
- Perdita di fiducia degli sviluppatori: Politiche percepite come ingiuste potrebbero spingere gli sviluppatori a esplorare piattaforme alternative o a investire meno nell’ecosistema iOS.
- Danno reputazionale a lungo termine: Anche se Apple dovesse vincere alcune battaglie legali, la percezione di un’azienda più attenta al profitto che agli utenti potrebbe avere conseguenze durature.
Il comportamento di Apple suggerisce una focalizzazione quasi esclusiva sul mantenimento del suo lucrativo modello di business basato sulle commissioni, anche a costo di scontrarsi con tribunali, sviluppatori e una parte della sua base di utenti.
Questo approccio solleva dubbi sulla sua capacità di adattarsi a un panorama digitale in evoluzione che richiede maggiore apertura e flessibilità.
FAQ: Apple, Fortnite e le commissioni dell’App Store
- Perché Apple ha rimosso Fortnite dall’App Store?
Apple ha rimosso Fortnite nell’agosto 2020 dopo che Epic Games ha introdotto un sistema di pagamento diretto che bypassava la commissione del 30% dell’App Store, violando le linee guida della piattaforma. - Cosa ha stabilito il tribunale riguardo ai pagamenti esterni?
Una sentenza del 2021 ha obbligato Apple a permettere agli sviluppatori di inserire link a sistemi di pagamento esterni. Più recentemente, la giudice ha chiarito che Apple non può riscuotere commissioni su tali acquisti esterni e non può tracciarli. - Epic Games cosa chiede ora?
Epic Games sta chiedendo al tribunale di obbligare Apple a reintegrare Fortnite sull’App Store, sostenendo che Apple non si stia conformando pienamente alle ingiunzioni relative ai pagamenti alternativi e alle relative condizioni. - Qual è la posizione di Apple sulle commissioni per i link esterni?
Inizialmente Apple aveva introdotto una commissione del 27% per gli acquisti provenienti da link esterni, mossa criticata e poi di fatto annullata dalla recente sentenza che vieta ad Apple di riscuotere commissioni su tali transazioni. - Questa vicenda come influisce sull’immagine di Apple?
La gestione del caso Fortnite sta danneggiando l’immagine di Apple, facendola apparire più concentrata sui profitti che sugli utenti o sull’equità verso gli sviluppatori, con accuse di comportamento monopolistico e persino di insubordinazione agli ordini del tribunale.
Conclusioni: un bivio per Apple
La saga Fortnite Apple è un chiaro segnale che l’era del controllo incontrastato delle grandi piattaforme digitali potrebbe volgere al termine. Le azioni di Apple, caratterizzate da una strenua difesa delle proprie commissioni App Store Apple e da una contestata interpretazione delle sentenze giudiziarie, stanno proiettando un’immagine di un’azienda più interessata al profitto che alla sua vasta comunità di utenti e sviluppatori.
Il caso Epic Games contro Apple ha acceso i riflettori su pratiche che necessitano di una profonda riflessione e, potenzialmente, di una radicale trasformazione per garantire un più equo e competitivo.

Se anche kiro si è reso conto di quanto Apple stia sbagliando in questa situazione, è un buon risultato