L’approccio double diamond nel product management
L’approccio double diamond nel product management

Negli articoli precedenti abbiamo effettuato passaggi importanti nell’analisi del mercato, della concorrenza e dei nostri potenziali utenti nel percorso di creare un’app di successo. Abbiamo analizzato argomenti come il product market fit, visto strumenti come il lean canvas, le 5 forze di Potter e molto altro.

Oggi è il turno di arrivare a una fase molto importante nel nostro processo. Una fase che molti tendono a saltare, forse anche Apple tende a saltarla1Una delle frasi più celebri di Steve Jobs, che si rifaceva a una ti Tom Ford, è non chiedere mai cosa vogliono i tuoi clienti. Se lo avreste fatto con i mezzi di trasporto non avrebbero risposto l’auto, ma un cavallo più veloce. È la fase di discovery. Quel momento dove abbiamo chiaro tutto ciò che vorremmo fare, abbiamo fatto delle assunzioni, ma non siamo sicuri che una volta arrivati sul mercato ci sarà il successo sperato.

Diverse volte in passato vi ho scritto che l’idea vale zero e ciò che vale è l’esecuzione. Aggiungo un altro pezzetto a questa legge sacra. Non solo vale l’esecuzione, ma anche ciò che crea realmente valore per gli utenti e i clienti. E come facciamo a sapere se la nostra “ideona che spacca” lo farà realmente? Lo sapremo solo se passiamo dalla discovery.

Quindi ecco cosa dovete sapere in questo ambito e come possiamo svolgere i passaggi per avere conferme o smentite in merito a tutta l’analisi svolta fino a ora.

Cos’è l’approccio double diamond nel product management

L’approccio Double Diamond nel Product Management è una metodologia che aiuta a sviluppare nuovi prodotti attraverso un processo di ideazione, prototipazione e test. Questo approccio prevede quattro fasi principali:

  1. La scoperta
  2. La definizione
  3. Lo sviluppo
  4. Il lancio.

Il Double Diamond si riferisce alla forma di diamante che viene utilizzata per rappresentare il processo. Il primo diamante rappresenta la fase divergente, in cui si cercano idee creative e si esplorano diverse soluzioni. Il secondo diamante rappresenta la fase convergente, in cui si selezionano le migliori soluzioni e si sviluppano i prototipi.

Durante la fase divergente, ci si concentra sulla generazione di idee innovative e sulla ricerca di soluzioni creative. In questa fase, è importante rimanere aperti alle idee e ai suggerimenti. L’obiettivo è quello di raccogliere il maggior numero possibile di idee, anche se alcune di esse sembrano al primo sguardo poco realistiche o poco praticabili. La fase divergente è quindi un momento di grande libertà creativa.

Nella fase convergente, ci si concentra sulla selezione delle migliori idee e sulla definizione di una soluzione concreta. In questa fase, è importante fare una valutazione critica delle idee raccolte e selezionare quelle che sembrano più promettenti. Questa fase richiede una maggiore attenzione ai dettagli e una maggiore precisione nella definizione delle soluzioni.

Effettuando bene questa analisi, filtrando tra tutte le idee quelle che realmente sembrano generare valore, possiamo avere il nostro elenco di sviluppi da confermare con la discovery, prima di passare all’atto pratico.

I bias cognitivi

Uno dei grandi problemi è affezionarsi alle assunzioni. Cerchiamo di difendere a tutti i costi le idee che crediamo vincenti, perché se le bocciassimo ci penseremo deboli, poco brillanti. Ma non c’è nessun test dell’ego sulle idee. Nessuno vi giudicherà.

Meglio bocciare un’idea malsana in questa fase, piuttosto che portarla avanti e accorgersi della sua inefficacia in seguito, quando abbiamo speso tempo e denaro per realizzarla.

Purtroppo tutti noi ci scontriamo con dei bias cognitivi. Degli schemi mentali che ci portano a sopravvalutare delle scelte, solo perché sono nostre. In questi casi, quindi, ci riempiremo la testa di scuse e giustificazioni per auto convincerci di avere ragione. In fondo chi vorrebbe avere torto?

Bias cognitivi è un termine utilizzato per descrivere i pregiudizi cognitivi che influenzano i nostri processi decisionali. Questi pregiudizi sono una parte naturale del nostro assetto psicologico e possono avere un impatto significativo sulle nostre percezioni, giudizi e azioni.

In sostanza, i bias cognitivi si riferiscono alla tendenza della mente umana a elaborare le informazioni in modo influenzato da nozioni preconcette, credenze ed esperienze passate.

Una delle forme più comuni di bias cognitivi è il bias di conferma, ovvero la tendenza a cercare informazioni che confermino le nostre convinzioni esistenti e a ignorare quelle che le contraddicono. Questo può portare a una visione distorta della realtà, in quanto vediamo solo quello che vogliamo vedere, piuttosto che quello che c’è realmente.

Un’altra forma di bias cognitivo è l’effetto alone, ovvero la tendenza a giudicare persone o cose sulla base di un singolo tratto o caratteristica positiva. Questo può portare a sopravvalutare la qualità complessiva di una persona o di un prodotto sulla base di un singolo attributo.

Diventando consapevoli dei nostri pregiudizi e riconoscendo i modi in cui possono essere manipolati, possiamo prendere decisioni più informate ed evitare di essere indebitamente influenzati. È essenziale mantenere una mente aperta ed essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni e i nostri presupposti per evitare di cadere vittime dei bias.

Come svolgere correttamente l’analisi di discovery sugli utenti

La discovery è una fase importante perché si va a chiedere direttamente agli utenti se alcune soluzioni pensate per risolvere i loro problemi specifici possono funzionare. In pratica dovrete prendere la lista di funzionalità che vorreste implementare, giunte dall’analisi convergente del double diamond, e andare a chiedere a dei gruppi di potenziali utenti cosa ne pensano.

Ci sono vari modi per avere questo tipo di interazioni, che si possono svolgere con dei sondaggi o con intervista di persona. Potreste frequentare i luoghi dei vostri potenziali clienti, come fiere o punti di interesse, e chiedere loro di chiacchierare su qualche idea che intendete mettere in campo per risolvere dei problemi.

Oppure potete sfruttare la potenza di internet. Per esempio creando una landing page della vostra futura app, per raccogliere email con un form e contattare gli iscritti chiedendo loro di rispondere a delle domande in merito alle soluzioni a cui avete pensato.

Oppure potete usare i social network, andando a chiedere pareri su gruppi di Facebook dedicati all’argomento, o usando appositi hashtag e altro.

L’obiettivo è raccogliere informazioni necessarie per confermare o sconfessare le soluzioni trovate. Potreste scoprire di essere sulla buona strada, oppure che le idee a cui avete pensato non sono efficaci. Tutte informazioni utili per iterare, cioè migliorare il progetto a cui state lavorando.

Non vi servono migliaia di interviste, una trentina di form con risposte sincere vi consentirà di ottenere un buon punto di vista.

Ricordate, collegando l’argomento ai bias cognitivi, non ponete mai domande che spingono l’utente verso la direzione che desiderate confermare. Spingetelo verso una risposta aperta e sincera.

Per esempio se state sviluppando l’app per la temperatura corporea e volete essere certi che avere un grafico sia utile, non chiedete “è vero che un grafico per la temperatura corporea ti può essere utile?”. Questo tipo di domanda spinge verso la vostra convinzione. Piuttosto chiedete “dopo aver raccolto la temperatura, cosa vorresti farci di quel dato?”.

Magari scoprirete necessità degli utenti a cui non avete pensato, oppure a soluzioni innovative per la vostra app. A tal proposito si parla di Mom Test.

Come funziona il Mom Test di prodotto

Il Mom Test è un approccio alla ricerca utente sviluppato da Rob Fitzpatrick, che mira a migliorare la qualità delle informazioni raccolte durante le interviste con gli utenti. L’idea di base del Mom Test è che, anche se si chiedesse alla propria madre cosa pensa del proprio prodotto, si dovrebbe essere in grado di ottenere feedback utile e obiettivo, evitando le risposte gentili o fuorvianti che si potrebbero ricevere quando si parla con qualcuno vicino a noi.

Nella fase di discovery del product management, il Mom Test aiuta a evitare le trappole comuni delle interviste utente, come bias di conferma, risposte compiacenti e informazioni poco utili. Ecco alcuni principi chiave del Mom Test:

  • Evitare di parlare del prodotto: Invece di descrivere il proprio prodotto e chiedere cosa ne pensano gli utenti, è meglio concentrarsi sulle esperienze, i problemi e le sfide degli utenti. Questo permette di ottenere informazioni più reali e approfondite sulle esigenze del cliente.
  • Porre domande aperte: Evitare domande che richiedono solo risposte “sì” o “no” e invece formulare domande aperte che incoraggiano l’utente a condividere le proprie esperienze e opinioni.
  • Chiedere di specifici eventi passati: Invece di chiedere ipoteticamente agli utenti cosa farebbero in una certa situazione, chiedere loro di raccontare un’esperienza passata in cui hanno affrontato un problema simile. Questo fornisce informazioni più concrete e basate sull’esperienza reale.
  • Non cercare validazione: Evitare di cercare conferma per le proprie idee, ma piuttosto essere aperti a nuove scoperte e feedback negativi. Questo aiuta a mantenere un’attitudine imparziale e a concentrarsi sulle esigenze reali degli utenti.

Applicando il Mom Test nella fase di discovery del product management, è possibile ottenere informazioni più preziose e reali sulle esigenze degli utenti e, di conseguenza, prendere decisioni migliori per lo sviluppo del prodotto.

Terminata questa fase di raccolta di informazioni validate, raccogliete le idee e scrivete esattamente quello che dovete fare. I risultati da raggiungere. Scrivete il Jobs To Be Done.

Il Jobs To Be Done per avere l’idea chiara di prodotto

Il frame del Jobs To Be Done si applica con questa struttura
Il frame del Jobs To Be Done si applica con questa struttura

Jobs to Be Done (JTBD) è un concetto di product management che si concentra sulla comprensione delle esigenze e dei problemi degli utenti, piuttosto che sulle soluzioni specifiche o sui prodotti. L’idea di base è che gli utenti “assumono” prodotti e servizi per svolgere un “lavoro” o per raggiungere un obiettivo specifico.

In sostanza, questo approccio consiste nell’esaminare quali sono i lavori o le attività che i clienti cercano di portare a termine, per poi progettare un prodotto che soddisfi tali esigenze.

Uno dei vantaggi principali dell’approccio “jobs to be done” è che incoraggia a guardare oltre le caratteristiche e le funzioni di un prodotto, concentrandosi invece sul valore che esso fornisce.

Il Jobs to Be Done (JTBD) dovrebbe essere scritto in una forma chiara e concisa che metta in evidenza il problema o l’obiettivo dell’utente, il contesto in cui si verifica e il risultato desiderato. Una delle formulazioni comuni per scrivere un JTBD è la seguente:

Quando situazione/contestazione, voglio obiettivo/lavoro da svolgere così da risultato desiderato/motivazione.

Ecco alcuni esempi di Jobs to Be Done scritti in questa forma:

  • Quando mi sveglio al mattino, voglio un modo veloce per preparare il caffè così da iniziare la giornata con energia e senza perdere tempo.
  • Quando sto pianificando un viaggio, voglio confrontare facilmente le tariffe degli alloggi così da trovare la migliore offerta e risparmiare denaro.

Seguendo questo schema, puoi creare un JTBD che sia specifico, focalizzato sul problema dell’utente e sul risultato desiderato, piuttosto che sulla soluzione o sul prodotto. Questo ti aiuterà a mantenere il focus sulle esigenze reali degli utenti e a sviluppare prodotti che risolvano efficacemente i loro problemi.

In conclusione

Il processo di Double Diamond e la Product Discovery sono strumenti essenziali per ottimizzare il Product Management. Per garantire il successo di un prodotto, è fondamentale comprendere le esigenze degli utenti e identificare le soluzioni che realmente creano valore.

Attraverso l’analisi divergente e convergente del Double Diamond, si possono generare idee innovative e selezionare le migliori per il prodotto. Utilizzando il Mom Test durante la fase di discovery, si possono raccogliere informazioni preziose dagli utenti e evitare bias cognitivi che potrebbero compromettere la qualità del feedback.

Infine, il concetto di Jobs To Be Done aiuta a focalizzare l’attenzione sulle esigenze reali degli utenti, permettendo di progettare un prodotto che soddisfi tali bisogni. Ricordate che l’importanza dell’esecuzione, unita alla creazione di valore per gli utenti e i clienti, determina il successo del prodotto. Attraverso un’analisi approfondita, una metodologia ben definita e un’attenzione costante alle esigenze degli utenti, è possibile sviluppare prodotti che si distinguono nel mercato e garantiscono risultati positivi.

Nel prossimo appuntamento effettueremo il passaggio successivo. Dal wireframe al concept, per poi passare all’MVP.

Riferimenti:
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    Una delle frasi più celebri di Steve Jobs, che si rifaceva a una ti Tom Ford, è non chiedere mai cosa vogliono i tuoi clienti. Se lo avreste fatto con i mezzi di trasporto non avrebbero risposto l’auto, ma un cavallo più veloce

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