La conferenza per il Digital Markets Act (DMA) | foto di Alexis Haulot
La conferenza per il Digital Markets Act (DMA) | foto di Alexis Haulot

È dal 2020 che l’Unione Europea si chiede se i Big Tech abbiano troppo potere nel mercato, tanto da non consentire l’arrivo di nuovi concorrenti. Dal 2021 è iniziato l’iter per arrivare alla definizione del Digital Markets Act (DMA). Un insieme di norme in grado di ridurre il potere dei giganti del web.

Al centro della questione ci sono delle norme che potrebbero cambiare completamente il volto di aziende come Apple, Google, Meta e altre. Prima di capire cosa potrebbe cambiare, vediamo quali sono i parametri che l’Unione Europea ha stabilito per indicare chi è una Big Tech.

Chi sono i Gatekeeper?

Il testo bozza del Digital Markets Act (DMA) stabilisce che si diventa un gatekeeper, cioè un’azienda così grande da diventare un nodo importante nella gestione delle informazioni, se si risponde ai seguenti parametri:

  • Una capitalizzazione di almeno 75 miliardi di €
  • Ricavi annui generati nell’area europea di almeno 7,5 miliardi di €
  • Almeno 45 milioni di utenti europei attivi ogni mese
  • Almeno 10.000 utenti business attivi ogni mese

Le aziende che rispondono a questi criteri sono considerate Big Tech e quindi soggetti al DMA.

Se non rispetteranno il DMA ci saranno sanzioni molto pesanti. La Commissione imporrà multe fino al 10% del fatturato mondiale dell’azienda, che arriverà al 20% in caso di infrazioni ripetute nel tempo e il blocco totale delle acquisizioni di altre aziende. Giusto per evitare il fenomeno del “il gioco vale la candela”, in cui le aziende preferiscono pagare le multe perché guadagnano di più infrangendo le regole.

Implicazioni per l’App Store

App Store

Il DMA prevede che i gatekeeper debbano consentire ai loro clienti europei di poter installare app da negozi alternativi. Questo per poter consentire ai piccoli imprenditori di poter sviluppare i loro business senza ostacoli.

Capite già che questa norma può creare ad Apple molti problemi. Significa aprire i sistemi operativi di Apple ad app non verificate e mettere a repentaglio il livello di sicurezza a cui la società ha abituato i suoi clienti.

Ma consideriamo il caso in cui venga aperto tutto e nei propri iPhone e iPad possano essere installate app prese ovunque. Nel caso una di queste si rilevi un malware, chi ne risponde? Apple? L’Unione Europea? L’utente? Lo sviluppatore?

Essere liberi significa che per preservare la libertà di qualcuno, saremo tutti costretti a installare un antivirus in iOS?

Sistemi di pagamenti di terzi

Questo è una delle strade più dibattute. Apple chiede agli sviluppatori di integrare il sistema In App Purchase nelle loro app, in modo da offrire al cliente un sistema centralizzato di pagamenti e abbonamenti.

Questo consente di gestire la fatturazione dei vari acquisti di app e servizi, gestire i rimborsi e così via.

Un sistema che genera ad Apple commissioni tra il 15% e il 30%. Commissioni che ovviamente aziende e sviluppatori non vorrebbero pagare.

L’Unione Europea vorrebbe quindi l’integrazione di sistemi di terzi. Quindi sarà possibile integrare Stripe, Paypal e altri. In questo modo gli sviluppatori non pagheranno commissioni e gli utenti potranno scegliere quale sistema usare.

Ovviamente nel caso in cui decidessimo di comprare un’app, pagarla con un sistema non di Apple, in caso volessimo un rimborso poi dovremmo contattare noi personalmente lo sviluppatore e convincerlo a ridarci i soldi, perché il sistema di terzi non è tracciato da Apple.

Non installare app native

Un altro provvedimento del DMA prevede di non offrire agli utenti app pre-installate. Le aziende devono indicare tutte le alternative.

Questo perché offrire un’app pre-installata, o nativa, è un po’ come spingere gli utenti alla propria soluzione e non a quella di un mercato libero.

Quindi all’installazione di iOS potreste vedere il telefono quasi vuoto, poi sta a voi andare nell’App Store o nei negozi alternativi e capire quale browser installare, quale app di posta elettronica, quale di messaggistica e così via.

Il che potrebbe sembrare facile per chi conosce già il mondo delle app, ma che credo possa diventare un inferno per chi conosce poco la tecnologia e non ha la minima idea di come muoversi. Il rischio non è finire nelle grinfie di chi, approfittando del sistema, tenti di convincere a installare un browser da un negozio alternativo all’App Store, in grado di tracciare tutta la navigazione?

Interoperabilità tra app di messaggistica

Craig Federighi iMessage
Il Digital Markets Act (DMA) spiegato semplice 4

Il DMA tratta anche la fine dei sistemi di messaggistica proprietari. App come WhatsApp, Telegram, iMessage, Signal e altri, dovranno fare in modo che i loro messaggi siano leggibili anche nelle app di terzi.

Quindi se lo sviluppatore X crea un’app di messaggistica e decide di integrare iMessage, deve poterlo fare. Un po’ come suggeriva il protocollo RCS proposto da Google, a cui Apple non ha voluto aderire.

I permessi per scambiare dati tra aziende

Attualmente se un’azienda come Meta compra un’azienda come WhatsApp, può usare i dati raccolti dalla seconda per migliorare anche i servizi della prima. In fondo questo tipo di acquisizioni si effettuano anche per questo.

Quando il DMA entrerà in vigore, i dati tra aziende dello stesso gruppo potranno essere usati solo dietro un espresso consenso degli utenti.

In pratica nascerà un nuovo banner sulla privacy. Uno di quelli che il 99% accetta senza leggere pur di non avere noie.

Alcune critiche a questo approccio

Il principio di base che spinge l’Unione Europea a favorire queste aperture è sicuramente la riduzione di sistemi proprietari per eliminare gli ostacoli, al fine di consentire a più aziende di concorrere tra di loro e fornire delle alternative.

L’errore di base che si compie in questo approccio, secondo me, è dare per scontato che le Big Tech siano nate grandi. Queste aziende sono diventate molto grandi perché hanno saputo costruire dei prodotti in grado di incontrare i bisogni dei loro clienti. Hanno creato con loro un rapporto di fiducia negli anni.

Nel caso di Apple, per esempio, l’App Store è considerato un luogo sicuro in cui scaricare app e questo rende iOS un sistema operativo sicuro. Per anni Apple si è spesa anche per proteggere i dati dei clienti e garantirne l’integrità.

Quindi se Apple ha fidelizzato milioni di clienti negli anni, ci sarà un motivo. Aprire i suoi sistemi a terzi renderà automaticamente gli utenti più liberi? Renderà il mercato un luogo migliore? Non necessariamente.

Ne è una prova il provvedimento di gestione dei cookie. Avere un banner da approvare o rifiutare espressamente ogni 6 mesi in ogni singolo sito, ha reso le persone più consapevoli durante la navigazione? A me l’ha solo rovinata, annoiandomi a morte all’apertura di ogni sito. L’esperienza d’uso nella navigazione è peggiorata proprio dopo il GDPR. I dati continuano a circolare perché ormai si preme su accetta su tutto pur di non perdere 2 minuti a leggere le policy su ogni singolo sito.

Quindi il risultato non è stato un miglioramento della gestione dei propri dati, ma un calo qualitativo nella navigazione web. Sfido chiunque a sapermi dire dove sono i propri dati, chi li conserva e come fanno a cancellarli quando vogliono.

L’iter del DMA

Il 24 marzo di quest’anno il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e la presidenza del consiglio si sono parlati per 8 ore in merito al DMA per trattare dei punti contenuti nel testo.

Ora il Digital Markets Act dovrà essere approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo. Dopo 20 giorni dalle due approvazioni sarà pubblicato nell’Eu Official Journal e diventerà operativo 6 mesi dopo.

Secondo il commissario Margrethe Vestager, l’iter dovrebbe concludersi per il prossimo ottobre, in modo che entri in vigore 6 mesi dopo, quindi nel corso del 2023.

Nel corso del prossimo anno potremmo assistere all’interoperabilità di iMessage, la fine del monopolio dell’App Store, la fine delle app pre-installate, l’arrivo dei sistemi di pagamenti di terzi e tutto il resto.

Il mercato dei Big Tech, quindi, potrebbe vedere profondi cambiamenti e cambiare l’esperienza d’uso di noi utenti.

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1 Commento

  1. Condivido pienamente la disamina, e soprattutto le perplessità, dove seppur con buoni propositi, si rischia fortemente di danneggiare quanto di buono e consolidato gli utenti già hanno. Personalmente ritengo che gran parte della spinta derivi da forti lobby con meri scopi di lucro, e che alla fine il vero danno lo pagheremo noi utenti perdendo la scelta di cui oggi disponiamo in termini di caratteristiche raggruppate sotto l’etichetta “Android oppure iOS”

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